MILAN DAVANTI A TUTTE: I PARALLELI CON IL PASSATO
Sabato 7 ottobre 2023, il Milan di Stefano Pioli affronta il Genoa allo stadio Luigi Ferraris nell’anticipo dell’8ª giornata. Partita tosta, lo 0-0 resiste fino agli ultimi minuti. A tre giri d’orologio dal termine, però, ci pensa Christian Pulisic: zampata in area e rete che vale il bottino pieno. La vittoria significa vetta del campionato a quota 21 punti, con due lunghezze di vantaggio sull’Inter, ben quattro su Juventus e Fiorentina. Una serata preludio di un bis scudetto dopo il titolo dell’annata 21/22? Probabilmente è ciò che si auguravano i tifosi milanisti, costretti invece a guardare l’Inter raggiungere, mesi dopo, il traguardo della seconda stella e del conseguente 20° scudetto.
Il popolo rossonero attende due anni interi, il tempo necessario per riprendersi in solitaria il gradino più alto della Serie A Enilive: 742 giorni in cui il Milan ha dovuto lavorare molto per tornare ad abitare le zone nobili. In mezzo altri due allenatori (Paulo Fonseca e Sérgio Conceição), una Supercoppa Italiana alzata a Riyadh lo scorso gennaio e una finale di Coppa Italia Frecciarossa persa a Roma contro il Bologna. Gli alti e bassi da montagne russe, il cuore in gola e l’occhio aperto anche quando si riposa. C’era bisogno di linearità, di un percorso stabile, di normalità da grande squadra, concetti appartenenti alla filosofia calcistica di Massimiliano Allegri.
Il Milan, domenica sera, ha dimostrato di meritare il momento: la Fiorentina piegata in rimonta al netto degli infortuni, del dolceamaro ritorno di Pioli allo stadio Meazza e del peso del match in sé. È cosa buona e giusta lodare il lavoro di Allegri, capace in poco tempo di iniettare nelle vene dei propri giocatori principi tanto cari sia a lui sia all’ambiente milanista. La stagione è lunga, i rossoneri - senza coppe europee - nella settimana corrente hanno potuto lavorare con serenità, provando a recuperare parte dei giocatori ancora ai box. Bisognerà pazientare ancora un po’ per rivedere in campo Rabiot e Pulisic, Allegri in ogni caso tenterà di recuperare Nkunku per l’anticipo di venerdì contro il Pisa, per concedersi maggiori alternative in attacco. In vetrina c’è Leão, l’eroe della serata contro la Fiorentina, in un vortice di emozioni tra polemiche dei giorni precedenti, alle quali il portoghese ha risposto con i fatti: una doppietta figlia della fiducia trasmessagli dal suo allenatore, primo sostenitore del 10 rossonero.
Il Milan prende pochi gol, solo 4 in queste prime 7 giornate di campionato più altre 2 di Coppa Italia Frecciarossa, e la sensazione è che stiano funzionando automatismi smarriti nella stagione scorsa. È presto per bilanci definitivi e per tracciare obiettivi concreti: Allegri vuole riassaggiare la Champions, lo ha ripetuto a gran voce nelle varie conferenze stampa del primo periodo, ma siamo sicuri che i rossoneri non mirino a strade più ambiziose?
Quando le partite si possono vincere, si devono vincere e quando non si possono vincere, vanno pareggiate. Il credo Allegriano è riecheggiato in sala stampa prima di Milan-Fiorentina, e viene da chiedersi se il Milan attuale possa davvero tenere un passo del genere, tenendo fede al volere del proprio allenatore. I rossoneri nell’epoca dei 3 punti a partita in Serie A (dal 1994/95) hanno vinto lo scudetto 5 volte: gruppi di lavoro differenti tra di loro, allenatori con idee variegate, tutti capaci di portare a casa il tricolore. Il Milan attuale assomiglia a quelle squadre? I numeri, in tal senso, possono dirci di più.
1995/96: l’ultimo assolo in rossonero di Fabio Capello
La stagione del 15° scudetto per il Milan, rinnovato rispetto ai successi dell’epoca Sacchi e dei primi anni di Capello. Don Fabio in attacco può contare su Roberto Baggio e George Weah, mentre in difesa è l’ultimo valzer per un leggendario quartetto composto da Panucci, Costacurta, Baresi e Maldini. La partenza in campionato è da lepre, lasciando poco o nulla ai diretti avversari. Testa della classifica dopo appena 4 giornate, Juventus (campione d’Italia in carica) sconfitta alla 6ª e fuga incontrastata nel girone d’andata. La seconda parte è più complicata: il tonfo nel derby contro l’Inter sembra riaprire i giochi, ma la Juventus - impegnata nella scalata verso la conquista della Champions - perde energie preziose, e i rossoneri vanno a prendersi il titolo con due giornate d’anticipo. Miglior difesa (solo 24 i gol subiti), reti segnate ben distribuite tra la batteria di attaccanti a disposizione (con il solo Weah in doppia cifra a quota 11). Un Milan dominante, l’ultima eredità di quella squadra generazionale che segnò il calcio europeo a cavallo degli anni 80-90.
1998/99: l’impresa di Zaccheroni
Dopo quello scudetto del 95/96, il Milan attraversò due anni particolarmente cupi, caratterizzati da un 11° e un 10° posto**. Alberto Zaccheroni si presenta in panchina nell’estate del 1998** con l’entusiasmo dell’esordiente alla guida di una big. L’esperienza maturata all’Udinese gli ha permesso di perfezionare la sua idea di calcio offensivo, tanto lavoro sulle fasce con i cross verso il terminale offensivo, ruolo che porta un nome e un cognome: Oliver Bierhoff. Il tedesco ha incantato in terra friulana e al Milan punta al salto di qualità. L’obiettivo, ai blocchi di partenza, è quello di riportare la squadra nell’Europa che conta (un po’ quello che sta accadendo quest’anno); tolto qualche passo falso (tra cui una sconfitta pesante 4-0 in casa del Parma), il girone d’andata pone il Milan nel lotto di quelle accreditate per giocarsi il 4° posto. Dopo il giro di boa, la Lazio di Sven-Göran Eriksson prende il largo, la Fiorentina di Batistuta perde il passo e il Milan battendo proprio il Parma al ritorno si mette a caccia dei biancocelesti. Il testa a testa è emozionante: alla penultima la Lazio pareggia a Firenze e il Milan, vincendo in casa contro l’Empoli, compie il sorpasso. A Perugia le reti di Guglielminpietro e Bierhoff (19 gol totali in campionato) colorano lo stadio Renato Curi di rossonero per uno degli scudetti più inaspettati dell’epoca moderna. Il capolavoro di Zak, impresa unica e forse irripetibile.
2003/04: l’avvento di Kakà e il Milan ancelottiano
È una squadra composta da campioni quella plasmata per competere verso il titolo di quell’anno. I rossoneri, reduci dalla vittoria in Champions nella notte di Manchester ai danni della Juventus, devono rispondere del proprio valore anche in campo nazionale, dove lo scudetto manca da alcune stagioni. Tante conferme e Kaká: la ciliegina sulla torta, o forse la torta stessa. Il brasiliano, in versione prime, dà subito l’impressione di poter conquistare il Milan, a discapito di stelle come Rivaldo e Rui Costa. L’antagonista di quella corsa è la Roma di Totti e Cassano e del grande ex Fabio Capello; i giallorossi guidano la classifica nella prima fase resistendo spalla a spalla contro il Milan fino ad inizio 2004. Il 6 gennaio allo stadio Olimpico lo scontro diretto: Shevchenko fa doppietta e i rossoneri mettono la freccia. Ancelotti si prende due derby su due (il secondo vinto in rimonta da 0-2), trionfa a Torino 1-3 contro la Juventus e liquida la Roma nel ritorno in un Giuseppe Meazza pieno fino all’orlo. Il 2 Maggio 2004, proprio contro i giallorossi, Shevchenko (capocannoniere con 24 reti) firma lo scudetto, i rossoneri vincono meritatamente esprimendo un gioco moderno per l’epoca e improntato al dominio asfissiante in qualsiasi contesto di gara. Stagione chiusa con sole 2 sconfitte in campionato e 82 punti conquistati (record per la Serie A a 18 squadre con 3 punti a vittoria).
2010/11: Allegri fa centro subito
A Milanello sbarca Zlatan Ibrahimović per spezzare l’egemonia dell’Inter. Al timone c’è un volto nuovo, si chiama Massimiliano Allegri e ha appena concluso il suo fruttuoso percorso alla guida del Cagliari. La vecchia guardia (Nesta, Gattuso, Pirlo, Seedorf, Ambrosini, Zambrotta) dona solidità e l’aggressività del neoacquisto Kevin-Prince Boateng è il pepe necessario al salto di qualità. In rosa ci sono anche i vari Pato, Robinho e Cassano: un Milan che può competere su tutta la linea. La corsa solitaria prende forma all’11ª giornata con la vittoria sul Palermo, complice l’avvio deficitario dell’Inter. Mister Allegri, affidandosi al suo 4-3-1-2, viaggia a vele spiegate, ma nel girone di ritorno i nerazzurri si avvicinano e il derby del 2 aprile recita Milan 62 punti, Inter 60. I rossoneri non tremano: doppio Pato e rigore di Cassano, 3-0 finale nonostante la squalifica di Ibrahimović. Lo 0-0 in casa della Roma con due turni d’anticipo basta per il 18° scudetto. I numeri rispettano la figura di Max Allegri, campione al primo tentativo con la miglior difesa del campionato (solo 24 gol incassati), la star è Thiago Silva, protagonista di una difesa super affidabile con l’eterno Alessandro Nesta.
2021/22: Pioli is on fire
Il motivetto prima del match, un allenatore in grado di far tornare il sereno a Milanello. Stefano Pioli ha seminato con cura prima di raccogliere tutto quanto, aspettando che la terra germogliasse e cogliendo le distrazioni delle altre. Il percorso inizia con la novità Maignan in porta, il dopo Gigio Donnarumma. Arrivano profili interessanti come Tomori e Messias, la squadra è giovane e pronta a stupire. Bennacer, Kessié e Tonali si dividono la mediana, Theo Hernández e Leão scavano i solchi sulla corsia mancina e Giroud (in rossonero per rilanciarsi) diventa il volto copertina della cavalcata. Il Milan parte a marce altissime: 10 vittorie e 2 pareggi nelle prime 12 giornate, salvo poi perdere la vetta prima di Natale per mano di un’Inter super accreditata al back-to-back dopo la vittoria della stagione precedente. La svolta nel derby di ritorno a Febbraio: doppietta di Giroud per far partire la rimonta. I cugini crollano nel recupero contro il Bologna, il Milan non sbaglia più: filotto di vittorie nella parte conclusiva, primo posto congelato e trionfo alla 38ª in un Mapei Stadium gremito di tifosi milanisti. Scudetto per il quale molti richiamano la vittoria di Zaccheroni nel 1998/99, altri ci vedono mancanze degli avversari. Ad ogni modo, il Milan ha sempre dimostrato di poter lottare. Senza fare sconti, cogliendo le occasioni. Precedenti, quelli elencati nell’analisi dei successi rossoneri, con cui tutte le dirette avversarie del Milan dovranno fare i conti per difendersi dai desideri del gruppo di Max Allegri. Indizi chiari, similitudini apparenti da studiare da vicino; il campionato prende forma, i rossoneri sanno esattamente cosa vuol dire provarci fino in fondo. (Foto Getty Images + LaPresse)
